venerdì 28 settembre 2012

"Gli occhi possono mentire, un sorriso sviare, ma le scarpe dicono sempre la verità." cit.

Non so ancora come mi è venuta la brillante idea di mettere a posto la scarpiera. Sono circondata, letteralmente. Non c'è una sola mattonella del pavimento libera. Ne ho moltissime eppure non ho mai quelle giuste. Credo che questa sia la riprova del fatto che i pubblicitari sanno fare il loro lavoro egregiamente. La mia scarpiera (ma anche il mio armadio) rappresenta al meglio l'attuale stato confusionale che regna nella mia testa, è necessario fare ordine, fuori e dentro. C'è un tale casino che non so nemmeno da dove iniziare, mi vien voglia di ributtarle tutte dentro la scarpiera e rimandare a data da destinarsi. Calma, iniziamo logicamente dall'inizio. La prima scarpa che ho profondamente amato è stata la ballerina. Mi ricordo ancora quelle che possedevo a cinque anni, un paio bronzo, modello classico con fiocchino e un paio scamosciate fucsia con l'elastico. Le ho portate allo sfinimento. Poi negli anni si sono succedute in mille colori e varianti, passando per quelle immancabilmente bianche per la prima comunione. C'è stata poi la fase del rifiuto, quella delle scarpe da tennis in ogni stagione e in ogni occasione. Dopo qualche anno sono tornate, irriducibili, a invadere la mia scarpiera e sono arrivate fino ad oggi dandosi il cambio trend dopo trend. Mi duole dirlo ma, a quasi 23 anni, inizio a sentire i primi acciacchi. Dopo otto ore lavorative in piedi, le mie estremità raggiungono le dimensioni di due scialuppe di salvataggio. Quindi via le ballerine di Zara 100% plastica, deliziose ma causa di un'infinità di galle da sfregamento. Via quelle firmate, prese a sconto anche se erano un numero più piccolo, “Sono troppo belle! Tanto poi cedono!”. Gli unici a cedere sono i miei piedi. Da qui è partita la mia ricerca che si è conclusa in maniera stranamente rapida e felice. Ho acquistato un paio di Bagllerina, non ho sbagliato a scrivere, è proprio questo il nome dell'azienda francese che realizza queste calzature. Il prezzo non è propriamente democratico ma nemmeno proibitivo, la mia bisnonna diceva sempre “chi più spende meno spende”. In effetti se fate un conto di quanti prodotti low-cost sono da buttare dopo tre volte che li calzate vi accorgerete che l'investimento vale la pena. Una giustificazione valida al prezzo? Sono un guanto. Provare per credere. Decisamente le più comode che io abbia mai provato. Personalmente ho scelto il modello nero che vedete qui sotto.
Sul sito e sulla fanpage di Facebook potete farvi un'idea dei modelli e dei colori disponibili. 

 Se non     trovate un rivenditore nella vostra zona, c'è la possibilità di comprare online tenendo presente che la vestibilità francese è leggermente diversa dalla nostra. Io porto solitamente un 39 ma ho preso un 40, quindi abbondate.  Sono sicura che non vi pentirete dell'acquisto. 














mercoledì 26 settembre 2012

Punto e a capo.


A volte è necessario fermarsi. Bisogna pensare prima di proseguire, altrimenti perdiamo di vista la metà. Sono cresciuta con il fremente desiderio di diventare una stilista, di entrare nel patinato mondo della moda, di passare la mia vita tra stoffe, bottoni e paillettes. Non ho potuto frequentare né il Polimoda, né lo Ied né nessun'altro istituto del genere. Ho studiato tutt'altro ma è stata un'esperienza ugualmente importante e formante. Ho iniziato a lavorare ma non mi bastava, volevo mettermi alla prova, non ce la facevo a rinunciare a quel sogno, volevo e voglio creare qualcosa di mio, senza essere conosciuta come “la figlia del Signor M.”, “la nipote della Signora M.”. Solo io, punto e basta. Difetti e fallimenti compresi.

Ho provato a fare la fashion-blogger ma onestamente ci sono troppi galli nello stesso pollaio. Alla fine pubbliciziamo tutte i medesimi prodotti. Mille cloni, più o meno riusciti, della stessa tipologia di ragazza: la fashion-victim. Ammetto di essere stata per anni abbagliata, bramavo la borsa di quello e la scarpa di quell'altro. Una volta ottenuto un pezzo di tendenza ne desideri un altro, poi un altro, niente ti soddisfa. Sei un minuscolo componente di un meccanismo produttivo. Il tuo unico scopo è comprare e far girare l'economia. Tutto passa, "quello non va più", "quello è out".... Poi inizi a leggere, ad approfondire le tue conoscenze, a capire che lo stilista tal del tali ha disegnato ispirandosi a questo e a quello. Inizi a vedere l'oggetto come qualcosa di più di quello che è. Dietro c'è un' idea, un ricordo, una sensazione. Vai avanti nel tuo percorso e ti appassioni ai materiali, ai metodi produttivi. Piano piano prende forma la tua consapevolezza, nel bene e nel male. Ti rendi conto che certe etichette Made in Italy hanno l'autenticità di una banconota del Monopoli.

Per farvela breve, sono arrivata al punto di dover fare un viaggio alla riscoperta di me stessa, sia per quanto riguarda il punto di vista professionale che personale. Questo blog non ha un argomento preciso, è una specie di diario, quello che non sono mai riuscita a tenere quando ero bambina. Ci scrivevo quattro sere di fila e poi me ne scordavo. Probabilmente non avrete il minimo interesse riguardo alla mia vita, riguardo a cosa penso del mondo che mi circonda ma, per quanto ne sapete, io potrei anche essere un personaggio inventato e questo l'inizio di un libro. Di certo questo dubbio renderebbe il tutto più interessante!